lunedì 17 dicembre 2012

Post un po' delirante su una serie di cose


Post un po' delirante su una serie di cose. In assoluto questo per me è stato l'anno in cui ho avuto più difficoltà a relazionarmi con le persone. Ho fatto un sacco di errori ma ho anche intravisto per tempo il becero opportunismo, ho perso degli amici, dei conoscenti quasi amici e ne ho conquistati altri, è comunque amaro il risvolto di questo 2012 per quanto riguarda l'amicizia, faccio questa riflessione su un sentimento che ritengo sempre meno contemporaneo, sempre meno affine a questa vita di corsa e rincorsa che facciamo, io stessa mi sono rinchiusa nella mia famiglia-isola felice e premio solo chi mi insegue instancabilmente, chi per riuscire a fare due chiacchiere con me mi tempesta di telefonate e messaggini e non demorde. E non ne vado fiera. Proposito per il 2013 (mai fatto propositi), è quello di prendermi cura degli amici, soprattutto di quelli che mi inseguono.
A questo proposito pubblico una riflessione di un sociologo americano che descrive perfettamente facebook, il suo mondo, l'amicizia su facebook e le nostre vite condizionate da facebook.

"Nel 1901 Émile Zola pronunciò la famosa frase: «Secondo me non si può dire di aver veramente visto una cosa finché non la si è fotografata». Oggi circola una battuta analoga: «Se la cosa non è stata pubblicata su Facebook, non è avvenuta». Chi utilizza Facebook, ha molti «amici» sul social network e vi accede parecchie volte al giorno, tende a percepire il mondo inmodo diverso. Siamo sempre più attenti all’impressione che darà di noi una foto su Facebook, all’aggiornamento del nostro profilo o a collegarci.
Mentre scrivo questo articolo in un caffè americano, posso accedere a Foursquare — il social network che permette di condividere la propria posizione geografica —, riportare su Twitter una battuta spiritosa sentita al tavolo accanto e scattare un’interessante fotografia della perfetta schiuma che aleggia sulla superficie del mio cappuccino. È facile: con il mio telefono posso fare in pochi minuti tutto questo e molto altro. E, soprattutto, le mie iniziative avranno un pubblico. Centinaia delle persone a cui sono più vicino le vedranno e qualcuno risponderà con commenti e con un «mi piace».
Mi sono abituato così a vedere il mondo in termini di quello che posso pubblicare (o non pubblicare) in Internet. Ho imparato a vivere e a presentare una vita che possa piacere. Molti hanno criticato Facebook perché trasforma la bellezza non quantificabile dell’esperienza umana in qualcosa che si possa inserire in un database, o perché abusa di quel database per procurarsi profitti favolosi. Sono critiche valide, ma la mia preoccupazione è che il vero potere dei social media sia quello di insinuarsi dentro di noi, cambiando il modo in cui la nostra coscienza percepisce il mondo, anche quando siamo disconnessi.
La fotografia di cui parlava Zola è stata inventata circa 150 anni fa e le nuove possibilità che ha aperto hanno fatto scalpore ovunque: potevamo documentare in modo nuovo noi stessi e il nostro mondo conmaggior dettaglio e in forma assai più duratura. Oggi i social media forniscono anch’essi un sistema nuovo, di ambito più largamente sociale, di documentare noi stessi, la vita e ilmondo. Mai prima d’ora era stato possibile registrare e mostrare a tutti i nostri amici un flusso di foto, pensieri e opinioni con questa intensità e facilità. Il potere di trasformazione dei social media è sicuramente di portata e significato simile all’invenzione della fotografia.
Il fotografo sa bene che dopo aver fatto molti scatti acquista un «occhio fotografico»: si comincia a vedere la realtà attraverso un mirino, a ragionare con la logica della macchina fotografica, in termini di inquadratura, luce, profondità di campo, messa a fuoco, movimento e così via. Anche senza avere la macchina a portata dimano, il mondo si trasforma in un potenziale set fotografico.
Oggi c’è il pericolo di acquisire un «occhio da Facebook»: il nostro cervello è sempre alla ricerca delle occasioni in cui il volatile momento dell’esperienza vissuta possa essere meglio tradotto in un post su Facebook, in un messaggio che possa attrarre il maggior numero di commenti e di gradimenti. Facebook fissa sempre il presente come un passato futuro. Con questo voglio dire che gli utenti dei social media sono sempre consapevoli che il presente è qualcosa che si può pubblicare online e che sarà consumato da altri. Siamo così presi dal pubblicare la nostra vita su Facebook da dimenticarci di viverla nel presente?
Pensate a una volta in cui avete fatto un viaggio con una macchina fotografica in mano e poi a un’altra in cui non l’avevate. L’esperienza è leggermente diversa. Abbiamo un rapporto diverso con la realtà quando non dobbiamo curarci di documentarla.
Oggi i social media ci mettono nella condizione di essere sempre in viaggio con la macchina fotografica in mano (metaforicamente e spesso letteralmente), di essere sempre in grado di documentare. Ultimamente, assistendo a spettacoli di musica dal vivo, ho notato che sempre più spesso la gente si distrae dallo spettacolo perché vuole scattare foto e riprendere video da mettere su Facebook e su YouTube. Quando la scorsa settimana ho preparato una colazione particolarmente appetitosa, ho messo la foto su Facebook ancor prima di assaggiarla. «L’occhio da Facebook» in azione.
Susan Sontag ha scritto che «tutto esiste per finire in una fotografia»; oggi potremmo dire che, sempre più, la maggior parte di quel che facciamo esiste per finire su Facebook. Il cane dell’esperienza vissuta viene fatto scodinzolare dalla coda Facebook".
Twitter @nathanjurgenson
(Traduzione di Maria Sepa)
Nathan Jurgenson

sabato 22 settembre 2012

LA STELLA DI NATI MATTI

E' davvero tanto tempo, troppo, che non scrivo sul mio amato blog, sono passati mesi e tante cose nella mia vita sono cambiate. Non tutte positive ma non sono ancora pronta per parlarne.
Oggi ho voglia di fare una sorpresa ad una amica perchè senza volerlo, mi ha detto delle frasi che hanno fatto click nella mia testa e per questo la ringrazio.

Stella è prima di tutto molto bella. Ha un aspetto vagamente mediorientale che le dà un'aria davvero particolare, poi ha il fuoco dentro. Difficile restare indifferenti, io (lo sapete) sono sempre affascinata da chi cerca di distinguersi con attività uniche nel loro genere, interessanti, comunque originali. Bene, lei è una di quelle persone che ha avuto coraggio, determinazione, talento. Talento secondo me moltissimo.

In attesa di farle una bella intervista su Metabolè, in cui ci presenterà la sua nuova collezione, le rubo alcune foto delle sue creazioni per farvi assaggiare la collezione estiva.
Queste opere le trovate da Nati Matti, in via delle Orfane 24/D a Torino, se volete curiosare la pagina facebook eccola: 
https://www.facebook.com/pages/Nati-matti/280619492004379?ref=ts

Abito CORALLO

Abito ABBRACCIO, io questo ce l'ho, comodissimo e indossato è strepitoso!
Nuove creazioni autunnali, io adoro l'abito GERMANY, quello con banda rossa.

Anche questa canotta indossata è stupenda.
Abito GHIRIGORO

... E questo ce l'ho solo io!! e chi mi segue su Instagram l'ha visto anche indossato, magnifico e troppo comodo.


REPARTO BAMBINI...


Non sono bellissimi?

Abbinamenti e modelli davvero originali






lunedì 23 luglio 2012

PREMIO!

 

 

 

 

Beh, mi sembra più che doveroso ringraziare Robin :) per aver assegnato un premio al mio blog, come meritevole fra cinque blog con meno di 200 iscritti, ecco la lista:

Nel ringraziarla le chiedo anche scusa se non sto seguendo le regole in maniera ortodossa, non ho molto tempo ultimamente, però ci tengo a ringraziarla e a fare pubblicità al suo blog, eccolo!

http://dovehovistote.blogspot.it/2012/07/un-premio-2.html

GRAZIE ANCORA!!!

giovedì 12 luglio 2012

SPAZIO MELATIRO: CITAZIONI!

Il "Moto ondoso": Francesco Aprile spopola sul web

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Spazio melatiro: la mia intervista al poeta Francesco Aprile è stata citata su youreporter.... Per la cronaca, io e Lara Cardella :) Vi copio link e servizio, sono cose belle.


Descrizione dell'utente

Lo hanno definito il Leopardi del terzo millennio. Francesco Aprile torna in libreria con il suo ultimo libro, "Moto ondoso", pubblicato da Galassia Arte. Uscito a metà Giugno, a distanza di pochi giorni sold out, è già alla seconda edizione.

"Francesco Aprile non è soltanto un poeta, seppure principalmente sia questo: è anche un fenomeno di difficile spiegazione per la sua popolarità in rete ottenuta in così breve tempo e grazie esclusivamente ai suoi scritti. Seguitissimo in pagina, un account con 5000 contatti su Facebook, un blog visitato e commentato quotidianamente e frequentemente, i suoi aforismi scaricabili attraverso un'applicazione, i suoi pensieri condivisi da una schiera nutritissima di fan e amici e tutto ciò senza mai assumere atteggiamenti ruffiani, anzi, spiazzando continuamente chi lo segue con paradossi, cambi di prospettiva, affermazioni mai banali, giochi di parole ed acrobazie logiche." (Lara Cardella)

Dall'intervista di Cinzia Girardo:

D: Ti seguo sempre su Facebook, amo il tuo linguaggio tagliente e mai stucchevole. I tuoi status e i tuoi aforismi spesso mi lasciano per un attimo perplessa, poi li rileggo e alla fine ti do sempre ragione. Questo capita con chi sa usare bene le parole. È per questo, secondo te, che i tuoi aforismi riscuotono un così largo consenso tra il pubblico?

R: << Mi piace essere ironico, innanzi tutto con me stesso. Credo che molti apprezzino la mia sincerità, la voglia di dire qualcosa senza la preoccupazione di riscuotere consensi. Il mondo è pieno di persone banali, di frasi fatte, di pensieri che trasudano falsi moralismi. Io dico sempre quello che penso, altrimenti taccio. E questo piace molto alla gente, al di là del fatto che le mie idee possano essere condivise o meno. È una questione di onestà intellettuale e di coerenza. >>

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domenica 8 luglio 2012

Il "Moto ondoso": Francesco Aprile e il suo libro, spopolano sul web.


Copertina di "Moto ondoso" - Galassia Arte -
Francesco, continuo a seguirti e ad innamorarmi ogni volta dei tuoi versi…
"(...) Anche i pensieri
farebbero rumore
a masticar silenzi,

se tu fossi

la metà di
quel che sei."

(Francesco Aprile, "La seconda volta", Moto ondoso, Galassia Arte, pag. 51.)

Lo hanno definito il Leopardi del terzo millennio, Francesco Aprile torna su Metabolè con il suo ultimo libro, “Moto ondoso”, pubblicato da Galassia Arte. Uscito a metà Giugno, a distanza di pochi giorni è già sold out ed è in ristampa.
Francesco, meglio di così… Un’altra impresa titanica che riconferma il tuo successo. Ricordo che anche tu eri quasi stupito da quanto il tuo blog e i tuoi libri fossero letti, pur trattando di poesia. Dimmi: è la poesia ad andare di moda o sei tu che sei bravo?
La poesia non va di moda, basta andare in una qualsiasi libreria per rendersi conto di quanti pochi titoli che trattano poesia ci siano sugli scaffali, soprattutto di autori contemporanei. Non so spiegarmi il perché di questo successo, davvero inaspettato. So che è un'emozione unica, una gratificazione indiscutibile. L'unico tempo che ho lo dedico alla scrittura, lascio agli altri il piacere di formulare teorie a riguardo.
Francesco Aprile

Ti seguo sempre su Facebook, amo il tuo linguaggio tagliente e mai stucchevole. I tuoi status e i tuoi aforismi spesso mi lasciano per un attimo perplessa, poi li rileggo e alla fine ti do sempre ragione. Questo capita con chi sa usare bene le parole. È per questo, secondo te, che i tuoi aforismi riscuotono un così largo consenso tra il pubblico?
Mi piace essere ironico, innanzi tutto con me stesso. Credo che molti apprezzino la mia sincerità, la voglia di dire qualcosa senza la preoccupazione di riscuotere consensi. Il mondo è pieno di persone banali, di frasi fatte, di pensieri che trasudano falsi moralismi. Io dico sempre quello che penso, altrimenti taccio. E questo piace molto alla gente, al di là del fatto che le mie idee possano essere condivise o meno. È una questione di onestà intellettuale e di coerenza.
Immagine di presentazione del suo blog: http://francescoaprile.blogspot.it/

Quanto c’è della tua vita privata nel tuo nuovo libro? 
Tantissimo. Molte poesie le ho scritte dopo aver litigato con la mia compagna, per esempio. Altre, quelle più romantiche, dopo aver fatto pace. Ma non tutto quello che scrivo parla necessariamente della mia vita privata. Ogni poesia è parte di me, senza dubbio, ma mi piace affrontare anche temi che esulano dalla mia esperienza personale.
Il successo del tuo ultimo libro conferma che possiedi tutti gli strumenti per essere un poeta, direi un artista del pensiero e delle parole. Non temi mai che questo dono, questa tua voglia di scrivere possa sfuggirti? Come reagisci, se ti è capitato, alle cosiddette crisi da foglio bianco?
Io scrivo in continuazione, da sempre. Non mi pongo questo problema, se devo essere sincero. Scrivo perché sento che ho qualcosa da dire, dunque se un giorno non dovessi più farlo è perché non ne sentirei l'esigenza. In quel caso potrei sempre pubblicare raccolte su raccolte delle mie poesie più belle nei periodi natalizi.
Alle crisi da foglio bianco reagisco posando la penna. Ho molto rispetto della scrittura, per me è un atto sacro. Se capisco che non tira aria e l'unica cosa che mi viene da scrivere ha la stessa dignità della lista della spesa, a quel punto scrivo quella e vado al supermercato.
Secondo te si può imparare a scrivere poesie?
Si può imparare a scrivere. La poesia è una malattia genetica, è nel DNA e, dunque, non è trasmissibile. Si può imparare ad apprezzarla, quello sì, come tutte le cose belle che spesso, troppo spesso, ci passano accanto senza che ce ne accorgiamo.
Ringrazio Francesco per questa intervista e vi invito a leggere il suo ultimo libro, “Moto ondoso” (Galassia Arte), che mi ha regalato tante emozioni.







giovedì 21 giugno 2012

In via Palazzo di Città



Ho una vita frenetica, sempre in giro per lavoro, se non sono in giro sto appiccicata al mio bimbo e cosi ho pochissimo tempo per scrivere... Ma vi anticipo che tornerò presto con nuove interviste, alcune sempre di moda eco-sostenibile, altre di attualità, insomma le interviste alle persone che mi piacciono, ho anche un progetto di lavoro veramente interessante, per ora non ne parlo per scaramanzia ma incrociate anche voi le dita per me, perchè se va tutto come deve andare ne sentirete parlare e non solo in questo blog :-)
Per ora vi lascio con alcune bellissime foto di questo negozietto che ho scoperto in una via che amo di Torino, dove ho comprato un paio di sandali alla schiava che sono spaziali, ogni tanto ci vuole!






sabato 2 giugno 2012

Bando alle ciance

Dopo tanti anni uno o una ci arriva a capire che l'anima gemella non è colei che compensa le nostre mancanze psicologiche: non è una stampella né un infermiere. Dovrebbe essere, credo, la persona capace di suscitare un'affinità immediata, profonda e "antica", come se si conoscesse da sempre, almeno, io con lui non dò mai nulla per scontato, nè lui nè io siamo una garanzia l'uno per l'altro, però insieme ci sentiamo a casa.
E questo post lo dedico a noi. Ho scelto questo autoscatto bruttino perchè è il simbolo di quello che siamo, l'opposto della famiglia mulino bianco, parecchio incasinati ma allegri e tanto tanto uniti. Dopo 25 anni di amore, con qualche breve (ah aha aha) e di poca importanza interruzione... Eccoci qui.
Enzino, che bello aver condiviso con te tutto questo amore, un sacco di paure, tante volte, la casa nuova, la facciata da pagare, i conti che spesso non sono tornati.
Sei stato il mio primo fidanzatino, quanto eri bello con quegli occhioni verdi i capelli un po' lunghi e lo sguardo furbetto, eravamo tutte innamorate!
Ritrovarti dopo tanto tempo e riprovare emozioni pazzesche è stato proprio il destino a volerlo, quindi bando alle chiacchiere, questa caramellosa intro per dirvi che il prossimo anno ci sposiamo e sono tanto felice!

mercoledì 30 maggio 2012

SEMPRE ALTA L'ATTENZIONE: VERSIONE IN INGLESE DELL'INTERVISTA ALLA MAMMA DI TOMASO



Attenzione: Questa è la versione in inglese dell'intervista a Marina Maurizio, la mamma di Tomaso. Chiunque abbia la possibilità di divulgare questo testo anche all'estero (giornali, siti, blog, social network)può tranquillamente utilizzarlo.
Aiutateci ad aiutare questi ragazzi.

This is an incredible and real story of injustice.
I came to know it about two years ago, not thanks to newspapers or TV, but only thanks to a friend Elisabetta, Tomaso and I have in common.
In February 2012 three Italians named Elisabetta, Francesco and Tomaso are on a 1-month tour in India.
At the beginning the touring group includes some 15 people. As some of them go back home or change their travel itinerary, the three friends – the couple Elisabetta and Francesco, and Tomaso – decide to continue their journey. Their friendship has started in London where the three have lived and worked for a few years.
In the last days of their tour, they decide to visit one more city, Varanasi, India’s holiest city situated on the banks of the river Ganges.
Little money being left, they decide to share a room altogether to share expenses.
They spend their day by touring the city and, back to the hotel, they have a dinner based on rice, then they go to their room for the night.
The next morning, Elisabetta gets up first. She tries to wake up Francesco who does not respond to her attempts. Alarmed by the situation, Elisabetta and Tomaso immediately call the reception and ask for an ambulance.
A taxi comes instead, that takes the group to the hospital. There, a doctor – who keeps puffing on his cigarette – declares “He’s gone”.
A real nightmare begins for the two Italians who are more and more upset. They ask for their friend’s body to be removed from the corridor. But, as no refrigerated morgue is available, Francesco is placed in a storage unit infested with rats.
In the early morning they see police bursting into their hotel room and asking for their passports; one policeman guards the door as the other shouts “why did you kill him?”
The end of the story is even more devastating: Tomaso and Elisabetta are arrested for allegedly murdering their friend. This accusation is even reinforced by the hotel manager’s claiming that a love triangle was going on based on the evidence that the three shared their room.
The post-mortem examination on Francesco’s body, performed not by a specialized pathologist but by an ophthalmologist, reveals the presence of neck injuries and that strangulation has taken place.
The trial is conducted in Hindi as the presence of an Italian translator is denied.
There are no doubts that serious errors are made during the trial.
A) At the hospital, Francesco’s body was kept for several hours into a storage room where rats may have caused all the injuries. 
B) The post-mortem examination was conducted by an ophthalmologist and not a specialised medical doctor.
Elisabetta and Tomaso are sentenced to “Life in Prison”. According to the court the murder was the fallout of a love triangle.

This is briefly what happened. It has been more than two years since that day. Elisabetta and Tomaso are still there, locked up in a prison in terrible hygienic conditions. They sleep on a mat on the floor. The lavatories are always blocked with water and they are emptied only once in a while. They have been eating only rice and lentils for 24 months and silence by our institutions regarding this story sounds terribly absurd.
Personally, I was stricken by what happened to the two Italians; the treatment they get from the Indian government (and from our government) is unacceptable. Therefore I hope that in my small post you will  spread the word and make people aware of this difficult situation.

Marina is Tomaso’s mother, who has obviously been living in a hell for the last two years, and this interview is dedicated to her.

Marina, first of all, I ask you to integrate what I have written above and to correct if there is any inaccuracy so everybody knows how things exactly happened.
The story that you described corresponds to the truth to a great extent. It would be too long and complicated to integrate and correct it.
How have these two years in Varanasi prison been, what do Tomaso and Elisabetta tell? Are you able to go and meet them sometimes?
They are dealing with the stress and the bad conditions of the detention quite well. They live in “barak”, big barns, Elisabetta with other 60/70 prisoners, as Tomaso stays with other 140. They live in a space of only about 2m.X 3, with the bed consisting of mats put on top of each other and the backpack with a few personal belongings hanging on the wall. The majority of their mates only speak Hindi. The women are almost all illiterate. They drink water from a well inside the prison and they often have allergy problems and illnesses related to malnutrition, their diet being deprived of proteins and vitamins. For 27 months we have been asking in vain for concession of a phone call every 15 days, which should be a legitimate right according to an international agreement also signed by India. We have the right of two monthly visits in prison and when my husband and I go to meet them, the meetings take place under an open arcade. The meetings do not last more than two hours.
To have extra visits, we have to pay and hope in the sympathy of the prison Director. Since February 7, 2010, the day of the arrest, we have been to Varanasi at least 12 times.

How comes the media are so indifferent to your case whereas, for instance, great attention has been given to the two Italian navy men case?
This is a question to which I have been giving many different answers but sincerely, still today, I don’t understand the silence of the media. It almost looks like an invisible hand blocking the spread of this news. In the last period, especially after the two soldiers case, we have obtained some little space on some major newspapers, weekly publications and passages on the news, especially the local ones, but after that everything is soon forgotten.
I know that trial proceedings for Tomaso and Elisabetta were affected by slowness and delays. And I have just read that the very appeal might be postponed to September. What would your reactions to such a possibility – that would even extend the length of the whole nightmare – be?
Unfortunately we can’t do anything but wait. “Wait”, this is the verb we have most frequently repeated over the last two years. We must have confidence in the abilities of our Indian lawyers, which – by the way – are from the same Law Firm defending the Italian marines. From mid-May to the end of June the Indian Courts are closed for the summer holidays. On the first of July we will present a request to the High Court of Allahabad for the Appeal Process to be scheduled. We hope this will start in September. Last March 26th the Undersecretary Staffan de Mistura received us in Rome and assured us of his full support. He said that our institutions are perfectly aware of our case and convinced of the innocence of Tomaso and Elisabetta, but so far we haven’t seen any change or tangible developments in the situation.

Marina, if you think we can be of any help, in any way, please write it on the post. Thanks for giving me the possibility to interview you.
We ask everyone to make this absurd story as widespread as possible and join the Facebook Groups “Tomaso Libero” and “Elisabetta Boncompagni”. We also ask you to participate in every initiative undertaken by the association “Alziamo la Voce” (Let’s raise our voice) that was also established to give economic support to ours and Elisabetta’s family and help us deal with the exorbitant legal expenses of the last two and a half years and those that are still to come until our children can come back home free.

Thank you, Marina. And thank you all for your help.


sabato 26 maggio 2012

Stefierre: da fashion designer ad artigiana e poi ancora fashion designer

Ciao a tutti miei cari e care, vi informo che a breve verrà pubblicata anche la versione in inglese dell'intervista alla mamma di Tomaso ed Elisabetta, Metabolè terrà sempre alta l'attenzione su questa vicenda. Oggi riprendo la mia attività di blogger (eh si, ormai facciamo moltissime visite giornaliere e abbiamo raggiunto le 4000!!) presentandovi Stefania Riboni, proprietaria del marchio Stefierre: ancora una volta e con estremo piacere offro uno spazio all’”alternative fashion”, ormai lo sapete che è la mia passione ma cerco sempre di selezionare realtà particolari ed interessanti proposte da questo mercato.
Ebbene Stefania ha deciso di sfidare il “sistema moda” della sua città, Milano, quindi scelta coraggiosa, per intraprendere un suo personale percorso creativo davvero di talento. Seguite la sua storia, i suoi inizi e le sue opinioni su IED e dintorni!
Le sue collezioni sono sorprendenti, oltretutto se si considera che sono per la maggior parte confezionate con tessuti naturali, a chilometro zero o recuperati da magazzini in disuso.
Stefania ci racconti qualcosa della tua vita, come nasce la tua visione etica della moda e questa ricerca attenta dei tessuti?
Beh, la visione etica parte inanzitutto dall’approccio professionale con collaboratori e fornitori, passa attraverso una tipologia di produzione assolutamente di qualità, l’utilizzo dei materiali selezionati e il tutto all’interno sempre dei confini italiani.Io promuovo e faccio Made in italy, considero etico disegnare in italia, produrre in italia, recuperare tessuti italiani che andrebbero, altrimenti, allo smaltimento perché non più interessanti per il mercato del fashion system, e considero etico acquistare fiducia da parte dei miei clienti facendogli solo indossare il capo giusto, senza troppo marketing e pubblicità.
La “mia visione etica della moda” si crea e si concretizza poco alla volta, non è stata progettata a tavolino. Semplicemente mi sono trovata poco in sintonia con tutto ciò che ho visto e vissuto nel momento in cui ho toccato con mano il fashion system classico, fatto di stereotipi, poca collaborazione, poca etica remunerativa e professionale e troppa immagine dietro alla quale si cela tanto fumo.
Come si autoproduce una critical fashion designer? 
Con tanto sudore e rinunce. Gli investimenti da fare sono sempre tanti, le spese e le tasse ancora di più, ma il meccanismo che smuove poi l’introito continua a risultare troppo lento in Italia, soprattutto se non ci si relaziona direttamente col cliente finale.
Un po’ di tempo fa ho letto un’intervista a Chicca Lualdi che criticava aspramente la formazione degli stilisti presso lo IED, lo ha definito una cozzaglia di vecchi falliti che non sono in grado di trasmettere alcuna idea di grandezza agli studenti: a giudicare dal tuo lavoro direi che sei un’eccezione, oppure si sbaglia, tu cosa ne pensi?
....potrei osare dire che sono un eccezione?!...nel senso che una critica aspra verso lo IED potrei essere la prima a sostenerla!
Sicuramente non perché riesca a definirmi una persona riuscita… sono ben lungi dal “ riuscire” in qualche modo ed ho ancora tante cose da imparare!
Io, assieme a molti altri artisti, stilisti e artigiani, abbiamo avviato una macchina nuova in un momento di crisi, in un'Italia lenta nella reazione e, sicuramente, poco capace non dico di sostenerci e appoggiarci economicamente, ma almeno di lasciarci lavorare serenamente, senza ostacolarci.
Ci racconti qualcosa delle tue collezioni? Quante ne hai all’attivo? E c’è un mood particolare che le caratterizza?
Allora…dovrei aver 8 collezioni all’attivo, mi sembra. Ho iniziato nell’estate 2008.
Rispetto all’inizio il mio stile è un po’ cambiato, sono sempre in evoluzione, ma credo si possa riconoscere facilmente un'impronta che accomuna tutte le stagioni, anno dopo anno. 
Forme morbide, tagli geometrici, un design semplice ed essenziale, giochi di volumi che permettono a molte donne dai corpi ed età differenti, di rispecchiarsi nelle mie collezioni sentirsi eleganti, uniche e comode. Questo è quello che mi riportano anche le mie clienti.
Uso sempre un tocco di verde in ogni collezione, non manca mai, come non mancano mai i mille bottoni che uso come ornamento e le bolle a contrasto su abiti e maglie.
In Italia qual è il maggiore problema per la promozione dei giovani talenti? L’industria della moda è una potenza nella nostra nazione, tu ti senti tutelata?
Io non faccio parte dell’industria della moda, il mio è un micromercato in un micromondo… Il mercato neanche si accorge di noi e l’industria della moda non solo non ci appoggia e non incentiva nuovi creativi, ma li ostacola
C’e da dire anche che avrei dei seri dubbi a snaturare l’identità del mio prodotto nel caso in cui un finanziatore uscito fuori dalla camera della moda mi proponesse di industralizzare il tutto, producendo all’estero e riducendo l’attività di uno studio di stile a quella di “scopiazzatori dei venti passati”.
In generale la promozione per giovani talenti è indirizzata solo verso coloro che hanno le giuste conoscenze ed un buon trampolino di lancio dal punto di vista economico e familiare.
Non esiste facile accesso a finanziamenti anche se hai buone idee e, talvolta, capacità imprenditoriali interessanti, oltre che un buon prodotto. Sarei felice di essere contraddetta su questo punto e anche indirizzata, se possibile.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
E’ una domanda da 20 mila euro!
Triplicare la produzione, assumere o poter colaborare almeno con un paio di persone, concretizzare  gruppi di acquisto stabili e collaborazioni con aziende fornitrici, consolidare collaborazioni profique con negozi sparsi per l’Italia e  perché no, qualcuno anche all’estero.
Dulcis in fundo: sarei felice di comprare un negozio qui a Milano.
Dici che bastano questi progetti?
Sono tanti, ma, più ne hai, più è facile che qualcuno si concretizzi!
Grazie Stefania.
Stefierre la potete trovare:
StefierreLab
via ponte di legno 2 lambrate  - Riceve le sue clienti su appuntamento.
Negozi che espongono il suo marchio:
- Baby’s in black - via eustachi 6, Milano
- Ecò - via luigi cibrario 2, Torino
- Green à porter - galleria falcone e borsellino 4/c, Bologna
- Interno 11 - via mantova 30, Trento

martedì 22 maggio 2012

TOMASO ED ELISABETTA: STORIA DI UN'INGIUSTIZIA SOTTO SILENZIO




Finalmente ci siamo. Questa è una storia che ha davvero dell’incredibile. Ne sono venuta a conoscenza circa due anni fa, non perché l’ho letta su qualche giornale, non perché l’ho sentita al telegiornale ma solo perché io, Elisabetta e Tomaso abbiamo un amico in comune.
Nel febbraio 2010, tre ragazzi di nome Elisabetta, Francesco e Tomaso erano in viaggio per l’India da più di un mese. All’inizio il gruppo degli italiani era di circa 15 ragazzi, poi, tra chi torna a casa e chi cambia itinerario la comitiva si separa e rimangono loro tre, Elisabetta e Francesco fidanzati, Tomaso loro amico, amicizia nata a Londra dove si erano conosciuti per lavoro e rimasta intatta negli anni. Giunti appunto agli sgoccioli della vacanza decidono un’ultima tappa, Varanasi, la città più sacra dell’India sulle rive del Gange. Rimasti con pochi soldi, per risparmiare decidono di dividersi una stanza d’albergo in tre. Dopo una giornata di visite tornano in albergo, ordinano del riso per cena e vanno a dormire. La prima ad alzarsi alle otto è Elisabetta, che cerca di svegliare Francesco che non risponde. I ragazzi si allarmano moltissimo e chiamano subito la reception chiedendo un’ambulanza. Arriverà invece un taxi e all’ospedale il medico, fumandosi una sigaretta lo ausculta e dice “He’s gone”.
Da li comincia un incubo. I ragazzi sono sconvolti, chiedono almeno che il corpo sia portato via dal corridoio ma non esistono celle frigorifere, cosi lo rinchiudono in uno sgabuzzino pieno di topi. Durante la notte la polizia irrompe nella loro stanza d’albergo, chiedendo i passaporti per accertamenti, mettono un piantone fuori dalla porta e iniziano a gridare “perché l’avete ucciso?”
Questa storia finisce nel peggiore dei modi, i ragazzi vengono arrestati, accusati di omicidio volontario. Accusa basata unicamente sul racconto del manager dell’hotel che parla di triangolo amoroso avvalorato dal fatto che i tre “dormivano insieme nella stessa stanza”.
L’autopsia, effettuata non da un medico legale ma da un oculista, parla di lividi sul collo e di strangolamento. Il processo si svolge quasi tutto in hindi e ai due italiani viene negato l’interprete.
Purtroppo in questa vicenda, sono stati commessi degli errori colossali da parte dell’autorità giudiziaria indiana.
A) Il corpo di Francesco una volta arrivati in ospedale, è stato tenuto per molte ore all’interno di uno sgabuzzino, dove topi e simili gli hanno provocato delle ferite sul corpo.
B) Chi ha svolto l’autopsia sul corpo, non è stato un medico legale, e nemmeno un medico generale, ma un semplice “ SPECIALISTA IN OCULISTICA”.
Ebbene, il giudice che li ha processati, ha dichiarato i ragazzi colpevoli, chiedendo “CARCERE A VITA” infatti secondo il giudice stesso Francesco è stato ucciso “ per un triangolo amoroso”.

Questo è in breve quello che è accaduto, da quel giorno sono passati più di due anni, Elisabetta e Tomaso sono ancora là, rinchiusi in carcere, con condizioni igieniche spaventose, dormono per terra su di una stuoia, le latrine sono a vista e svuotate una volta ogni tanto, mangiano solo riso e lenticchie da 24 mesi e il silenzio delle nostre istituzioni verso questa storia è terribilmente assordante.
Personalmente sono rimasta parecchio colpita dall’accaduto a questi due ragazzi, è inaccettabile il trattamento che stanno subendo dal governo indiano (e dal nostro governo): per questo spero che nel mio piccolo questo post aiuti a diffondere la conoscenza di questa difficile situazione. 
Marina è la mamma di Tomaso, che ovviamente vive un inferno da due anni e a lei è dedicata questa intervista.
Marina prima di tutto le chiedo di integrare (se lo ritiene opportuno) quanto ho scritto io qui sopra e di rettificare se ho scritto qualche inesattezza, in modo che tutti sappiano esattamente come sono andate le cose.
La storia da Lei descritta corrisponde a grandi linee al vero, sarebbe troppo lungo e complesso sia integrarla che correggerla.
Come sono stati questi due anni nel carcere di Varanasi , che cosa raccontano i ragazzi? Ogni quanto riuscite ad andare a trovarli?
I ragazzi stanno reggendo bene allo stress ed alle cattive condizioni di detenzione. Vivono in “barak”, grossi capannoni, Elisabetta insieme a 60/70 detenute e Tomaso insieme a 140 detenuti, hanno a disposizione un piccolo spazio di circa 2m x 3, dove il letto è composto da stuoie sovrapposte, lo zaino con i pochi effetti personali appeso alla parete. La maggioranza dei loro compagni parla solo l’hindi, le donne sono quasi tutte analfabete. Il cibo fornito è vegetariano, non gli è mai stato concessa l’assunzione di pollo, pesce o altri alimenti anche se in India vengono regolarmente consumati. Bevono l’acqua attinta da un pozzo all’interno del carcere e hanno spesso problemi di allergie e disturbi legati alla cattiva alimentazione priva di proteine e vitamine. Da ventisette mesi chiediamo inutilmente la concessione di una telefonata ogni quindici giorni, diritto sancito da una convenzione internazionale firmata anche dall’India. Abbiamo diritto a due visite mensili in carcere e quando io e mio marito andiamo a trovarli i colloqui avvengono sotto un porticato all’aperto,  la durata dei colloqui non dura più di 2 ore. Per avere visite extra, dobbiamo pagare e sperare nella benevolenza del Direttore del carcere. Dal 7 Febbraio 2010, data dell’arresto a oggi siamo andati ben dodici volte a Varanasi.

Come mai secondo lei i media si occupano così poco del vostro caso, mentre per esempio per i marò l’attenzione è sempre alta.
E’ una domanda alla quale mi sono data tante risposte, ma sinceramente, ancora oggi non capisco questo “silenzio mediatico”, sembra quasi che una mano invisibile blocchi la divulgazione di questa notizia. Ultimamente, dopo la vicenda dei due marò, abbiamo avuto un po’ più di spazio sui maggiori quotidiani, su qualche settimanale e qualche passaggio sui telegiornali, soprattutto quelli locali, ma tutto finisce nel dimenticatoio molto in fretta.
So che l’iter legale dei ragazzi è sempre stato preda di lungaggini e ritardi, ora ho letto che c’è il rischio che anche l’appello slitti a settembre, come pensate di reagire a questo ennesimo motivo che non fa altro che prolungare l’incubo per voi e per i ragazzi.
Purtroppo non possiamo fare altro che aspettare, questo è il verbo più ricorrente in questa assurda vicenda. Dobbiamo avere fiducia nell’operato dei nostri legali indiani, che peraltro sono dello stesso Studio Legale che difende i due marò. Da metà maggio e per tutto giugno i Tribunali indiani sono chiusi per la vacanze estive. Alla ripresa dei lavori, i primi di luglio, verranno presentate istanze di sollecito per la messa a calendario del Processo di Appello presso la High Court di Allahabad che speriamo abbia inizio nel mese di settembre. Il 26 Marzo scorso siamo stati ricevuti a Roma dal Sottosegretario Staffan De Mistura il quale ci ha assicurato il suo pieno appoggio e l’interessamento delle nostre Istituzioni che sono perfettamente a conoscenza del caso e dell’innocenza dei ragazzi, ma ad oggi non abbiamo notato né un cambiamento né un miglioramento tangibile.
Marina se pensa che possiamo essere utili in qualche modo, la prego di scriverlo su questo post, grazie di avermi dato la possibilità di intervistarla.
L’aiuto che chiediamo a tutti è la divulgazione di questa storia assurda, l’adesione al Gruppo su Facebook “Tomaso Libero” e a quello di “Elisabetta Boncompagni”, la partecipazione ad ogni iniziativa verrà intrapresa dall’associazione “Alziamo la voce” che è nata per aiutare anche economicamente la nostra famiglia e quella di Elisabetta a far fronte alle ingenti spese legali che abbiamo già affrontato in questi due anni e mezzo e a quelle che dovremo ancora affrontare in futuro per riuscire a far tornare a casa LIBERI i ragazzi.
So che i miei followers aderiranno, ne sono certa, qui sotto trovate tutti i link, aiutiamo questi ragazzi e questa famiglia, sono storie incredibili ma che possono capitare. Grazie Marina, grazie a voi per l'aiuto che le darete.