lunedì 5 marzo 2012

Fabio Geda e la realtà che diventa narrativa.



Il suo grande successo

Il suo ultimo libro
Ed eccomi con un’altra chicca per voi, almeno spero perché io mi sono letteralmente innamorata del modo di scrivere di Fabio. Nel mare ci sono i coccodrilli è un libro commovente per la storia (vera) ma che ti trafigge il cuore per il modo in cui è narrata.
Fabio Geda è un giovane scrittore, io e lui siamo della stessa annata (1972), compagni di università e lui per anni si è occupato di disagio minorile, infatti, la prima cosa che voglio chiedergli è quanto il suo lavoro lo ha influenzato nel suo modo di scrivere e quando e come ha iniziato a credere che la scrittura sarebbe stata la sua attività principale.
FABIO: Ho iniziato a credere che la scrittura sarebbe stata la mia attività principale solo quando lo è diventata. Non ho sono mai osato sperarlo, se non in qualche sogno notturno. Già tanto era, per me, pensare di farla diventare un’attività parallela a un’altra più redditizia, o un bel modo di occupare il tempo libero, o una attività part-time. In ogni caso, ancora oggi faccio bene attenzione a considerare questa fortuna come un capitale da reinvestire continuamente: tutto quello che si guadagna rapidamente lo si può altrettanto rapidamente perdere. Insomma, devo ancora lavorare molto prima di sedermi sugli allori. 
Mi racconti come è stato il tuo impatto con il mondo dell’editoria? Anche per te ci sono state un sacco di porte sbattute prima di trovare chi ha creduto nel tuo lavoro? Consiglieresti a chi come te è scrittore appassionato di proseguire per questa strada?
FABIO: Il fatto è questo: è da quando ho vent’anni che tento di scrivere romanzi. E per quasi quindici anni non ho fatto che affastellare romanzi morti a pagina venti, cinquanta, ottanta. Insomma, li cominciavo e poi, a un certo punto, non sapevo più come andare avanti. Oppure, rileggendoli, mi rendevo conto – senza bisogno di interpellare altri per capirlo – che facevano cagare. Non ne ho mai spedito nessuno agli editori semplicemente perché non c’era mai nulla da spedire: mi arrendevo prima di finire il lavoro. Poi un giorno, nell’inverno del 2005, ho cominciato a scrivere quello che sarebbe diventato “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani”: quando in primavera l’ho finito mi sono reso conto a) che per la prima volta avevo portato a termine un romanzo e b) che non faceva poi così cagare. Così, dopo quindici anni di tentativi silenziosi, ho deciso di farne dieci copie e spedirle a dieci piccoli editori. Otto hanno risposto: no, grazie. Due di loro – Marcos y Marcos e Instar – quasi in contemporanea, hanno risposto dicendo che sì, il libro gli piaceva, e che erano disposti a pubblicarlo. La Instar è arrivata un attimo prima, e oltretutto era della mia città: esordire con loro è stato naturale. Se consiglierei a chi è uno scrittore appassionato di continuare a perseguire la sua passione? Ma certo! Io, anche non avessi pubblicato, in questo momento sarei comunque a casa a scrivere, indipendentemente da tutto e tutti. Questo è sicuro. 
Il tuo ultimo libro, L'estate alla fine del secolo arriva dopo un successo quasi planetario di Nel mare ci sono i coccodrilli, ci racconti con che spirito si scrive un altro libro dopo un tale successo? Si riesce a restare indifferenti o si sente la “pressione dell’aspettativa”?
RISPOSTA: Questo dipende dall’uomo che c’è dietro lo scrittore. Io non mi entusiasmo granché per i successi e non mi deprimo granché per gli insuccessi. Faccio quello che sento di dover fare e tento di farlo al meglio. Punto. Ho universi interi di storie da raccontare, dentro di me. E più vivo, più trovo materiale da usare nei romanzi. La vita è sorprendente. Indagarla con le storie è una cosa che farò sempre, finchè avrò respiro. Ci saranno storie che piaceranno a certi lettori e storie che piaceranno ad altri lettori. Quindi, sono molto tranquillo.  
Ti faccio un’ultima domanda “di colore”, come hanno reagito i tuoi ragazzi al tuo straordinario successo?
FABIO: I ragazzi della mia comunità, quelli con cui lavoravo? Sono ragazzi che non hanno mai aperto un libro in vita loro. Prendono questa cosa di vivere scrivendo romanzi come una simpatica bizzarria. Niente di più.
Ringrazio Fabio per la sua disponibilità e gli auguro un successo stra-planetario, sarà tutto più che meritato.

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