Post un po' delirante su una serie di cose. In assoluto questo per me è stato l'anno in cui ho avuto più difficoltà a relazionarmi con le persone. Ho fatto un sacco di errori ma ho anche intravisto per tempo il becero opportunismo, ho perso degli amici, dei conoscenti quasi amici e ne ho conquistati altri, è comunque amaro il risvolto di questo 2012 per quanto riguarda l'amicizia, faccio questa riflessione su un sentimento che ritengo sempre meno contemporaneo, sempre meno affine a questa vita di corsa e rincorsa che facciamo, io stessa mi sono rinchiusa nella mia famiglia-isola felice e premio solo chi mi insegue instancabilmente, chi per riuscire a fare due chiacchiere con me mi tempesta di telefonate e messaggini e non demorde. E non ne vado fiera. Proposito per il 2013 (mai fatto propositi), è quello di prendermi cura degli amici, soprattutto di quelli che mi inseguono.
A questo proposito pubblico una riflessione di un sociologo americano che descrive perfettamente facebook, il suo mondo, l'amicizia su facebook e le nostre vite condizionate da facebook.
"Nel 1901 Émile Zola pronunciò la famosa frase: «Secondo me non si può
dire di aver veramente visto una cosa finché non la si è fotografata».
Oggi circola una battuta analoga: «Se la cosa non è stata pubblicata su
Facebook, non è avvenuta». Chi utilizza Facebook, ha molti «amici» sul
social network e vi accede parecchie volte al giorno, tende a percepire
il mondo inmodo diverso. Siamo sempre più attenti all’impressione che
darà di noi una foto su Facebook, all’aggiornamento del nostro profilo o
a collegarci.
Mentre scrivo questo articolo in un caffè americano, posso accedere a
Foursquare — il social network che permette di condividere la propria
posizione geografica —, riportare su Twitter una battuta spiritosa
sentita al tavolo accanto e scattare un’interessante fotografia della
perfetta schiuma che aleggia sulla superficie del mio cappuccino. È
facile: con il mio telefono posso fare in pochi minuti tutto questo e
molto altro. E, soprattutto, le mie iniziative avranno un pubblico.
Centinaia delle persone a cui sono più vicino le vedranno e qualcuno
risponderà con commenti e con un «mi piace».
Mi sono abituato così a vedere il mondo in termini di quello che
posso pubblicare (o non pubblicare) in Internet. Ho imparato a vivere e a
presentare una vita che possa piacere. Molti hanno criticato Facebook
perché trasforma la bellezza non quantificabile dell’esperienza umana in
qualcosa che si possa inserire in un database, o perché abusa di quel
database per procurarsi profitti favolosi. Sono critiche valide, ma la
mia preoccupazione è che il vero potere dei social media sia quello di
insinuarsi dentro di noi, cambiando il modo in cui la nostra coscienza
percepisce il mondo, anche quando siamo disconnessi.
La fotografia di cui parlava Zola è stata inventata circa 150 anni fa
e le nuove possibilità che ha aperto hanno fatto scalpore ovunque:
potevamo documentare in modo nuovo noi stessi e il nostro mondo
conmaggior dettaglio e in forma assai più duratura. Oggi i social media
forniscono anch’essi un sistema nuovo, di ambito più largamente sociale,
di documentare noi stessi, la vita e ilmondo. Mai prima d’ora era stato
possibile registrare e mostrare a tutti i nostri amici un flusso di
foto, pensieri e opinioni con questa intensità e facilità. Il potere di
trasformazione dei social media è sicuramente di portata e significato
simile all’invenzione della fotografia.
Il fotografo sa bene che dopo aver fatto molti scatti acquista un
«occhio fotografico»: si comincia a vedere la realtà attraverso un
mirino, a ragionare con la logica della macchina fotografica, in termini
di inquadratura, luce, profondità di campo, messa a fuoco, movimento e
così via. Anche senza avere la macchina a portata dimano, il mondo si
trasforma in un potenziale set fotografico.
Oggi c’è il pericolo di acquisire un «occhio da Facebook»: il nostro
cervello è sempre alla ricerca delle occasioni in cui il volatile
momento dell’esperienza vissuta possa essere meglio tradotto in un post
su Facebook, in un messaggio che possa attrarre il maggior numero di
commenti e di gradimenti. Facebook fissa sempre il presente come un
passato futuro. Con questo voglio dire che gli utenti dei social media
sono sempre consapevoli che il presente è qualcosa che si può pubblicare
online e che sarà consumato da altri. Siamo così presi dal pubblicare
la nostra vita su Facebook da dimenticarci di viverla nel presente?
Pensate a una volta in cui avete fatto un viaggio con una macchina
fotografica in mano e poi a un’altra in cui non l’avevate. L’esperienza è
leggermente diversa. Abbiamo un rapporto diverso con la realtà quando
non dobbiamo curarci di documentarla.
Oggi i social media ci mettono nella condizione di essere sempre in
viaggio con la macchina fotografica in mano (metaforicamente e spesso
letteralmente), di essere sempre in grado di documentare. Ultimamente,
assistendo a spettacoli di musica dal vivo, ho notato che sempre più
spesso la gente si distrae dallo spettacolo perché vuole scattare foto e
riprendere video da mettere su Facebook e su YouTube. Quando la scorsa
settimana ho preparato una colazione particolarmente appetitosa, ho
messo la foto su Facebook ancor prima di assaggiarla. «L’occhio da
Facebook» in azione.
Susan Sontag ha scritto che «tutto esiste per finire in una
fotografia»; oggi potremmo dire che, sempre più, la maggior parte di
quel che facciamo esiste per finire su Facebook. Il cane dell’esperienza
vissuta viene fatto scodinzolare dalla coda Facebook".
Twitter @nathanjurgenson
(Traduzione di Maria Sepa)
Twitter @nathanjurgenson
(Traduzione di Maria Sepa)
Nathan Jurgenson
E' proprio vero, spesso certe cose si fanno e non si pensa fino in fondo.
RispondiEliminaIo mi ritrovo in quasi tutte le cose scritte, ed ammetto che delle volte mi sento quasi una drogata!
Ti capisco, come ho scritto qui sotto anche io ho passati periodi un po' tossici, soprattutto perchè non lavoravo, ora non ho più tempo e tutto si è riequilibrato per fortuna!
EliminaÈ verissima questa cosa e se ci sediamo a riflettere fa quasi paura! Certe volte mi chiedo come sarebbe la mia vita senza facebook?.. e non è detto che prima o poo non voglia sperimentarlo! E se sperimentassimo tutti quanti? Pensa che rivoluzione pazzesca sarebbe!
RispondiEliminaIo ne sono stata drogatissima nel periodo in cui non ho lavorato e devo dire che mi ha anche aiutato a superare certi momenti di depressione acuta, ora che sono piena di impegni il rapporto si è equilibrato ma condivido perfettamente quello che dici, fa davvero paura quanto ci condiziona, forse rendersene conto è già un passo avanti :)
EliminaBel post ed interessante l'analisi del sociologo americano.
RispondiEliminaCredo anche che quello di facebook sia un cambiameno, come quello della fotografia, senza ritorno.
Il vero problema che vedo io è che ci troviamo di fronte ad un mondo dove ormai il dialogo avviene in forma di messaggio, sms o tweet dove la velocità ha ragione sul contenuto.
Il modo di avere rapporti è diventato molto più simile ad un telegramma che ad una conversazione, sono venuti a mancare tutti i "tempi morti" e di riflessione tipici di una conversazione.
Questa velocità di dialogo comporta, a mio parere, lo stringere e sciogliere legami in modo sempre più veloce rispetto a qualche tempo fa.
Saranno le nuove generazioni che sapranno farne un buon uso, nascendo già con queste modalità di dialogo.
Fabrizio
Ciao Fabri, d'accordissimo con te, speriamo nelle nuove generazioni e soprattutto che non si lascino condizionare troppo dal cattivo uso che ne stanno facendo i loro genitori!
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