venerdì 20 dicembre 2013

L'ideologia ci rende stupidi?

Già, questa per me è la domanda del 2013, io che sono cresciuta in una famiglia di sinistra, che sono sempre stata di sinistra (a parte un errore di gioventù che preferisco rimuovere) adesso come tanti non mi sento più rappresentata. E quindi in non riesco più a votare comunque "in nome dell'ideologia", non riesco più a turarmi il naso solo perchè le mie idee sono quelle. E no. Non ci riesco più.
Ho ripreso il titolo da un post del blogger Luca De Biase, che prima di tutto è un giornalista e direttore dell'inserto Nòva 24 che esce con il Sole 24 ORE. Beh secondo me l'ideologia non ci rende stupidi, ma miopi si. Ho deciso di riportare qui il suo post perchè è un ottimo spunto di riflessione. 
Auguri a tutti da una blogger in fieri che a volte ce la fa e a volte no.

L’ideologia ci rende stupidi

 
Un bell’esperimento di Dan Kahan, a Yale, dimostra che l’idelogia ci offusca la ragione (la descrizione è su Grist).
Il test è un classico calcolo delle probabilità con una soluzione che a prima vista sembra giusta e si rivela sbagliata applicando un minimo di ragionamento controllato.
Si osserva che le probabilità di errore sono collegate alle capacità matematiche degli intervistati, ma molto meno di quanto siano collegate al loro orientamento ideologico.
Una domanda di tipo politicamente asettico fa emergere errori soprattutto tra i ragionatori più scarsi. Ma se la domanda è politicamente connotata, anche le persone più avvezze al ragionamento matematico sono tentate di rispondere in base all’ideologia. Di fatto se la risposta evidente è quella che rispecchia di più la loro posizione ideologica, tendono a non fare il ragionamento che la dimostrerebbe errata e dunque sbagliano.
L’ideologia ci rende stupidi. Più di Google. Da molto più tempo.

lunedì 21 ottobre 2013

CHANGES AND CHALLENGES diceva un libro famoso!

... Cambiamenti! il mio blog cambia faccia, graficamente ho cercato di renderlo più "leggero", spero che il nuovo layout vi piaccia, il merito va tutto ad una splendida ragazza siciliana che ha fatto praticamente tutto!
Vi segnalo i suoi blog perchè vale davvero la pena di andarli a visitare:

Mamma che disordine! che trovate qui
Lo consiglio nuovamente a tutte le mamme e non perchè è un blog insolito, un "every day life" di una di noi, che non dà consigli ma ti racconta la vita per quella che è, dà un sacco di spunti a cui ispirarsi e ti fa sentire meno sola, garantito. Unico neo: può dare dipendenza da Pinterest!


Volevo essere Giulietta che trovate qui
Un blog molto raffinato dedicato alla danza, con interviste inedite a personaggi di spicco del settore, personalmente sono molto affascinata da quel mondo e molto affezionata a questo blog perchè è nato pressapoco con il mio e quindi abbiamo iniziato questa avventura insieme.


Per il resto, sul mio blog troverete anche nuove sezioni, via a via sempre più ricche, promesso :-)

martedì 15 ottobre 2013

Ho letto "Scrivo sui Muri" di Francesco Aprile. E voi, leggete ancora “Cinquanta sfumature”?














Ed eccomi finalmente pronta a ripartire alla grande con una intervista al mio poeta contemporaneo preferito. Ho scelto un titolo un po’ provocatorio, perché se leggerete queste poesie ci troverete molta sensualità, passione, inquietudine e nostalgia, un insieme di emozioni talmente vere e immediate che la banale e “preconfezionata” sensualità di certi libri la lascio volentieri sugli scaffali di supermercati e Autogrill.

Francesco, so che stai già lavorando a un nuovo progetto. Ci racconti da dove arriva questo coraggio di scrivere versi nel 2013, un'epoca in cui la lingua italiana scritta subisce ogni giorno, soprattutto tra i giovani, abusi e violenze? 

Essere poeti oggi sembra quasi una forzatura. In primo luogo perché la gente ha, il più delle volte, un'idea sbagliata della poesia e, dunque, del poeta stesso. Nell'immaginario collettivo il poeta è una persona estremamente snob, distaccata dal mondo, oppure il classico intellettuale bizzarro che pone sé stesso su un piedistallo e si diverte a essere incomprensibile. E, invece, il poeta non è che uno scrittore e la poesia non è che una scelta di linguaggio con cui comunicare. Come tutti i linguaggi ha delle sue regole, ma è anche cambiato nel tempo, diventando più attuale. In secondo luogo perché spesso si rifiuta a priori l'idea di leggere poesie, collegandole a quelle che si studiavano a scuola o alle frasi sdolcinate che circolano sul web. È un vero peccato che la maggior parte della gente dichiari che la poesia non è il suo genere, quando, in realtà, spesso non solo non la conosce, ma non legge nemmeno altri generi. É un luogo comune e basta. Se molti giovani iniziassero a conoscere la poesia, forse apprezzerebbero di più la loro stessa lingua. Ed eviterebbero mortificazioni e mutilazioni dell'italiano, come l'uso improprio delle “K”, che se trovano una spiegazione logica nel linguaggio degli sms, non possono essere utilizzate in ogni forma scritta.




Scrivo sui Muri è un libro diverso dai precedenti, unisce aforismi e poesie. Com'è nata l'idea di scriverlo?

Volevo un libro che raccogliesse, oltre alle poesie, anche altre cose che scrivo e che dicono molto di me. L'idea era insolita, ma, si sa, amo sperimentare continuamente e essere totalmente libero. Così ho pensato a un vero e proprio quaderno, dove annotare versi e aforismi. Un po' come mi succede quando viaggio: ho sempre un taccuino su cui annoto frasi e versi, nei momenti più insoliti. Non me ne separo mai. 



Mi piacerebbe molto avere una tua opinione sul mondo dell’editoria oggi, soprattutto in funzione della spasmodica voglia di scrivere che sta contagiando tutti, quasi fosse una terapia.

Scrivere, in effetti, è sempre molto terapeutico e trovo che sia uno strumento utile ad ognuno. Ma il problema è che, molto spesso, la scrittura viene considerata (erroneamente) da molti come un modo facile per raggiungere il successo e popolarità.
Oggi c'è un fenomeno dilagante e preoccupante, quello dell'editoria a pagamento, che vive e specula proprio sul desiderio di molti di avere notorietà e prestigio. Case editrici improvvisate che pubblicano qualsiasi libro su richiesta di denaro, illudendo gli sprovveduti (il più delle volte
giovani autori), promettendo vendite e visibilità che non ci saranno mai. Sono vere e proprie tipografie, pubblicano in cambio di soldi, con cifre decisamente spropositate. Quei libri non solo non hanno alcun valore dal punto di vista editoriale (qualsiasi casa editrice seria non considera nemmeno questo genere di pubblicazione, pertanto è anche controproducente sporcare il proprio nome con simili iniziative), ma non verranno neanche distribuiti. Il risultato è che, se anche tecnicamente il libro può essere ordinato ovunque, essendo dotato di codice ISBN, nella realtà nessuna libreria lo ordinerà in assenza di un distributore. Insomma, è una fregatura sotto tutti i punti di vista. Il vero scrittore scrive per necessità, non si ferma di certo davanti ai molteplici “No” delle case editrici. Scrive e insiste. Prima o poi, se è davvero bravo, troverà un editore che lo pubblicherà. I più grandi autori ci insegnano questo, credere in sé stessi e andare avanti. Il successo facile non è mai auspicabile, soprattutto in questo settore.


Che cosa è per te la poesia? C’è un modo per aiutare i giovani ad avvicinarsi a questo mondo?

Il mio prossimo libro parlerà proprio del mio rapporto con la poesia, è un progetto particolare che sto ultimando e di cui vado molto fiero perché lo considero coraggioso e originale. Tornando alla domanda, non so risponderti. Risulterò scontato nel dire che per me è vita, ma non saprei trovare altra definizione. È qualcosa di inscindibile dalla mia anima, è un istinto, non so se per tutti è così. Forse lo è solo per chi è poeta e non per chi lo fa.
L'unico modo per avvicinare i giovani alla poesia è scrivere poesie che siano belle e attuali. La bellezza, quella vera, non conosce età e i giovani ne sono molto sensibili, perché più puri. E poi promuovere i giovani poeti. I vecchi, fatta eccezione per alcuni, sono noiosi. E spaventano i giovani, perché sanno solo essere tristi e arrabbiati con il mondo. I ragazzi hanno bisogno di sognare, di riscoprire l'amore e la bellezza in un mondo che è sempre più brutto e difficile. Largo ai giovani poeti, allora, che sanno essere più immediati. Se i vecchi, in tutti questi anni, non sono riusciti a conquistare il pubblico più giovane, forse è il caso che ne prendano atto e siano meno polemici, no? 

Qui di seguito tutte le informazioni su quest'opera, grazie Francesco!


http://static.youreporter.it/smart/big/231901.jpg

http://www.edizionigalassiaarte.it/opere/scrivo-sui-muri.html

domenica 6 ottobre 2013

AVREI DOVUTO CAPIRLO!

Sto preparando il prossimo post, una bella intervista al mio poeta contemporaneo preferito ma intanto vi lascio questo bel pensiero che mi rispecchia molto, finalmente ne ho la certezza, perchè finalmente posso dire a quarant'anni e passa che ho imparato ad amare.


lunedì 30 settembre 2013

SI CAMBIA UN PO'

Un po' si cambia. La faccina del mio blog è cambiata, una casa bohemienne che spero vi accolga sempre, dove troverete pensieri sparsi e contributi, spero vi piaccia questa nuova veste!
A presto, :-) Nina.

sabato 28 settembre 2013

Mamma che disordine!: Una dichiarazione d'amore

Vabbè visto che ho fatto tanto casino ne approfitto per segnalare questo splendido blog, ci troverete idee, spunti, dubbi, domande di una mamma di due piccoli che scrive benissimo ed è davvero vulcanica.
Un abbraccio a tutti e vi aspetto presto tutti qui per il mio prossimo post!
Nina.

http://mammadisordine.blogspot.it/

lunedì 17 dicembre 2012

Post un po' delirante su una serie di cose


Post un po' delirante su una serie di cose. In assoluto questo per me è stato l'anno in cui ho avuto più difficoltà a relazionarmi con le persone. Ho fatto un sacco di errori ma ho anche intravisto per tempo il becero opportunismo, ho perso degli amici, dei conoscenti quasi amici e ne ho conquistati altri, è comunque amaro il risvolto di questo 2012 per quanto riguarda l'amicizia, faccio questa riflessione su un sentimento che ritengo sempre meno contemporaneo, sempre meno affine a questa vita di corsa e rincorsa che facciamo, io stessa mi sono rinchiusa nella mia famiglia-isola felice e premio solo chi mi insegue instancabilmente, chi per riuscire a fare due chiacchiere con me mi tempesta di telefonate e messaggini e non demorde. E non ne vado fiera. Proposito per il 2013 (mai fatto propositi), è quello di prendermi cura degli amici, soprattutto di quelli che mi inseguono.
A questo proposito pubblico una riflessione di un sociologo americano che descrive perfettamente facebook, il suo mondo, l'amicizia su facebook e le nostre vite condizionate da facebook.

"Nel 1901 Émile Zola pronunciò la famosa frase: «Secondo me non si può dire di aver veramente visto una cosa finché non la si è fotografata». Oggi circola una battuta analoga: «Se la cosa non è stata pubblicata su Facebook, non è avvenuta». Chi utilizza Facebook, ha molti «amici» sul social network e vi accede parecchie volte al giorno, tende a percepire il mondo inmodo diverso. Siamo sempre più attenti all’impressione che darà di noi una foto su Facebook, all’aggiornamento del nostro profilo o a collegarci.
Mentre scrivo questo articolo in un caffè americano, posso accedere a Foursquare — il social network che permette di condividere la propria posizione geografica —, riportare su Twitter una battuta spiritosa sentita al tavolo accanto e scattare un’interessante fotografia della perfetta schiuma che aleggia sulla superficie del mio cappuccino. È facile: con il mio telefono posso fare in pochi minuti tutto questo e molto altro. E, soprattutto, le mie iniziative avranno un pubblico. Centinaia delle persone a cui sono più vicino le vedranno e qualcuno risponderà con commenti e con un «mi piace».
Mi sono abituato così a vedere il mondo in termini di quello che posso pubblicare (o non pubblicare) in Internet. Ho imparato a vivere e a presentare una vita che possa piacere. Molti hanno criticato Facebook perché trasforma la bellezza non quantificabile dell’esperienza umana in qualcosa che si possa inserire in un database, o perché abusa di quel database per procurarsi profitti favolosi. Sono critiche valide, ma la mia preoccupazione è che il vero potere dei social media sia quello di insinuarsi dentro di noi, cambiando il modo in cui la nostra coscienza percepisce il mondo, anche quando siamo disconnessi.
La fotografia di cui parlava Zola è stata inventata circa 150 anni fa e le nuove possibilità che ha aperto hanno fatto scalpore ovunque: potevamo documentare in modo nuovo noi stessi e il nostro mondo conmaggior dettaglio e in forma assai più duratura. Oggi i social media forniscono anch’essi un sistema nuovo, di ambito più largamente sociale, di documentare noi stessi, la vita e ilmondo. Mai prima d’ora era stato possibile registrare e mostrare a tutti i nostri amici un flusso di foto, pensieri e opinioni con questa intensità e facilità. Il potere di trasformazione dei social media è sicuramente di portata e significato simile all’invenzione della fotografia.
Il fotografo sa bene che dopo aver fatto molti scatti acquista un «occhio fotografico»: si comincia a vedere la realtà attraverso un mirino, a ragionare con la logica della macchina fotografica, in termini di inquadratura, luce, profondità di campo, messa a fuoco, movimento e così via. Anche senza avere la macchina a portata dimano, il mondo si trasforma in un potenziale set fotografico.
Oggi c’è il pericolo di acquisire un «occhio da Facebook»: il nostro cervello è sempre alla ricerca delle occasioni in cui il volatile momento dell’esperienza vissuta possa essere meglio tradotto in un post su Facebook, in un messaggio che possa attrarre il maggior numero di commenti e di gradimenti. Facebook fissa sempre il presente come un passato futuro. Con questo voglio dire che gli utenti dei social media sono sempre consapevoli che il presente è qualcosa che si può pubblicare online e che sarà consumato da altri. Siamo così presi dal pubblicare la nostra vita su Facebook da dimenticarci di viverla nel presente?
Pensate a una volta in cui avete fatto un viaggio con una macchina fotografica in mano e poi a un’altra in cui non l’avevate. L’esperienza è leggermente diversa. Abbiamo un rapporto diverso con la realtà quando non dobbiamo curarci di documentarla.
Oggi i social media ci mettono nella condizione di essere sempre in viaggio con la macchina fotografica in mano (metaforicamente e spesso letteralmente), di essere sempre in grado di documentare. Ultimamente, assistendo a spettacoli di musica dal vivo, ho notato che sempre più spesso la gente si distrae dallo spettacolo perché vuole scattare foto e riprendere video da mettere su Facebook e su YouTube. Quando la scorsa settimana ho preparato una colazione particolarmente appetitosa, ho messo la foto su Facebook ancor prima di assaggiarla. «L’occhio da Facebook» in azione.
Susan Sontag ha scritto che «tutto esiste per finire in una fotografia»; oggi potremmo dire che, sempre più, la maggior parte di quel che facciamo esiste per finire su Facebook. Il cane dell’esperienza vissuta viene fatto scodinzolare dalla coda Facebook".
Twitter @nathanjurgenson
(Traduzione di Maria Sepa)
Nathan Jurgenson